CALIFORNIA (e non solo) ON THE ROAD pt.III

da S.FRANCISCO a LAS VEGAS 

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GIORNO 8 | 23 MARZO

SAN FRANCISCO —> SOUTH LAKE TAHOE

In partenza! Questo periodo è infame, per la traversata che ci dovrà condurre alla Death Valley e poi a Las Vegas, in quanto gran parte delle strade è innevata, non possiamo tagliare per alcuni parchi perché chiusi... dovendo così fare un giro più largo, che si rivelerà però molto interessante. Avevamo sottovalutato quanto il clima potesse cambiare in nemmeno cinque minuti di tragitto, eravamo partiti forniti soltanto di vestiti primaverili e giusto due cose per coprirci. Prima di andare decidiamo di attraversare in macchina la famosa Lombard street, di cui avrete visto sicuramente foto ovunque quando si parla di San Francisco. Abbandoniamo poi la città, passando per il Golden Gate Bridge, ci fermiamo alla fine del ponte a fare le foto di rito e, dopo aver cercato sulla mappa un perfetto posto a metà strada per rifocillarci e passare la notte, ci avviamo verso South Lake Tahoe.

© Valeria Nardilli

© Valeria Nardilli

La nostra meta dista tre ore e mezza da San Francisco. Prima tappa sulla strada a Sacramento è un ristorante coreano  l’ Oz Korean BBQ Restaurant, mangiamo di tutto, ma di tutto davvero. La piastra bollente sul tavolo ti permette di cucinare cibo a profusione grazie ad un all you can eat di 18,99£ per il pranzo. La temperatura è ancora sui 15 - 20 gradi, ci rimettiamo in moto e dopo un’ora e mezza di tragitto improvvisamente abbandoniamo il paesaggio che ci ha accompagnati sinora per dare spazio a neve e 0 gradi. Decisamente, il momento più inaspettato del nostro viaggio e soprattutto delle nostre valigie. Armati solo di giacche primaverili e qualche felpa, rimaniamo stupiti da come davvero da un momento all’altro, tutto cambi in maniera repentina, anche la mia sfrontatezza alla guida. Il paesaggio è un incanto, la mia destrezza al volante un pò meno. Dopo una serie di curve a quaranta  all’ora e tragitti dritti praticamente inutili, dato il divieto di superare, arriviamo al Lago Tahoe, siamo al confine tra la California e il Nevada. L’acqua di colore smeraldo, circondata dalle cime innevate della della Sierra Nevada, da boschi con alberi verdissimi e spiagge sabbiose colme di neve ci lascia a bocca aperta mentre godiamo della scenic drive che ci conduce al tramonto a South Lake Tahoe. Una cittadina piccolissima. Abbandoniamo le valigie in un motel con piscina, peccato che quest’ultima sia completamente ghiacciata! questo motel è delizioso e ad un prezzo davvero basso, passeremo qui la notte, prima di ripartire. TRAVEL INN (28$ a notte). Dopo aver sistemato le nostre cose in camera, vestiti come delle cipolle, indossando più indumenti possibili ci rechiamo a piedi al lago. C’è una luce meravigliosa, un clima super rilassante, facciamo una passeggiata e distrutti ci addormentiamo come sassi in motel senza cena. 

GIORNO 9 | 24 MARZO

SOUTH LAKE TAHOE —> LONE PINE

 

Il risveglio è meraviglioso, accompagnato da Pancake appena fatti dell’Heidi’s pancake house e, ce n’è davvero per tutti i gusti. Finita la colazione, ci mettiamo in viaggio per Lone Pine, una cittadina che ci permetterà il giorno seguente di svegliarci ed arrivare in  brevissimo tempo alla Death Valley. Ci mettiamo in marcia e una tormenta di neve accompagna le prime due ore del nostro viaggio, dopodiché la temperatura salirà bruscamente e il sole farà capolino in maniera violenta lasciando posto a distese brulle ed immense, nei nostri finestrini. Il viaggio dura quattro ore, gli spostamenti sono lunghi, ma i paesaggi che fanno da cornice rendono tutto piacevole, anche gli assurdi limiti di velocità che ti permettono di sonnecchiare alla guida (no, scherzo.. più o meno).  Durante il tragitto facciamo una sosta per il pranzo a Bridgeport al Bridgeport Inn, è un ristorante a gestione familiare all'interno di un hotel; molte delle cose che incontreremo durante il nostro "California e non solo... on the road" sembreranno delle scene degne del miglior direttore della fotografia del cinema mondiale. Qui le carte da parati fiorate, una musichetta rilassante di sottofondo, le strade deserte e ricoperte di neve che allietano la nostra vista, sembrano volerci comunicare che dopo poco arriverà qualcuno a darci il "motore-azione" e ci immergono in un'incredibile atmosfera tipica degli states anni 70, invece ci arriveranno solo un semplicissimo menù e buon cibo. finito di mangiare ci rimettiamo in marcia,  ad un certo punto prendiamo una strada, spinti dal navigatore, abbastanza sterrata e poco dopo mi impantano in un cumulo di neve fresca, tra panico e risate di incredulità e isterismo: siamo al centro del nulla e sta per fare buio, immaginiamo la nostra fine nei modi più disparati... ma spinti da una botta di fortuna e dalla frizione ormai fottuta, riusciamo a rimetterci in marcia, decidendo così di tornare indietro e seguire la strada asfaltata, pur allungando di qualche chilometro. Arriviamo in serata a Lone Pine il clima è molto più caldo, una ventina di gradi ci accolgono, il motel è il Mount Whitney Motel

Questa località è la migliore per raggiungere nella mattinata successiva la Death Valley. Ci abbuffiamo di americanate fino a non poterne più, il clima è fresco, da giacchetta e andiamo a dormire. 

 

Giorno 10 | 25 MARZO  

LONE PINE —>Death Valley —> Las Vegas

Di buon mattino ci rechiamo ad un supermarket e reduci di recensioni sulla necessità di ghiaccio e viveri per affrontare la Death Valley compriamo pane e componenti essenziali per dei panini, acqua a volontà, qualche bevanda zuccherata e una borsa frigo che riempiamo di ghiaccio direttamente al motel… fate benzina! fate il pieno! controllate l’acqua nell’auto, in alcuni tratti la macchina sfiorerà l’ebollizione… Infondo si chiama Valle Della Morte, un motivo ci sarà! Ci mettiamo in moto per raggiungere  la Death Valley,

Ci mettiamo in moto per raggiungere  la Death Valley, strade immense prendono vita dal nulla, i telefoni smettono di aver segnale e il termometro sale vertiginosamente. Il paesaggio è brullo, le distese immense e la vegetazione bassa.

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A un certo punto sulla nostra destra prende vita un agglomerato di abitazioni, un piccolo villaggio. La nostra attenzione viene catturata da un insieme di articoli di artigianato, ferraglia, robivecchi nel giardino di quella che assomiglia ad un’abitazione, con un andirivieni di bambini di tutte le età, un uomo a torso nudo pancia-munito e una donna esile. Decidiamo di fermarci, di chiacchierare con loro e di chiedergli di potergli fare una foto, acconsentono entusiasti, ospitali e ci immergiamo per un pò in quel mondo così diverso, lontano da tutto. 

© Edoardo Morina

© Edoardo Morina

La Death Valley si paga, come tutti i parchi che incontreremo nel nostro tragitto, se per ore di macchina e tragitto cocente non vedrete nessuno che vi chiede soldi, è solo perché ci sono unicamente due punti ristoro,  rifornimento carburante, in cui vi consiglio (almeno in uno) di fermarvi e bere una bibita fresca, le bevande che avete portato con voi, nonostante il ghiaccio saranno diventate imbevibili e un gelato e una bibita saranno  le cose che desidererete di più in quel momento. In uno di questi punti, precisamente il Visitor Center di Furnace Creek potrete acquistare il ticket che viene 20 dollari per l’auto. Non fate i furbi, non sentitevi tali, i rangers si muovono spesso e controllano… la multa vi attende dietro l’angolo!

La Death Valley è  qualcosa di incredibile veramente, il parco che mi ha lasciata più stupita. Ma andiamo per ordine,  su queste mega strade dove di tanto in tanto incontrerete qualcuno ci sono dei cartelli con i “view point” dove fermarvi.

Il primo che incontriamo è 

-Mesquite Flat Sand Dunes. Qui si fa spazio davanti ai nostri occhi una specie di deserto del Sahara in mezzo al Nevada: dune di sabbia bianca immense e un caldo cocente fanno da contorto: impossibile lasciare impronte, il venticello cambia continuamente la loro morfologia, quindi occhio a dove parcheggiate la macchina!

 

 

 

-Zabriskie Point: è famoso per il film di Antonioni, Zabriskie Point appunto. Qui le rocce somigliano alle increspature delle onde del mare.

 

Badwater Basin: è una depressione di 85.5 m sotto il livello del mare, dove prima sorgeva il lago preistorico Manly, ed è il punto più basso degli Stati Uniti. Attraverso un pontile di legno potete osservare queste lastre di sale e pozzanghere.

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- Artist's Palette: La paletta dell’artista prende vita sotto forma di rocce colorate, che con il tramonto diventano uno spettacolo imperdibile.

Si è fatto tardi, inizia ad essere buio e dopo aver incontrato un Coyote nel nostro tragitto decidiamo che forse è meglio proseguire ed uscire dalla Death Valley, continuano chilometri in mezzo al nulla e un cielo così stellato da illuminare il nostro tragitto.

  Ad un certo punto, iniziamo a scorgere i  primi segni di civiltà e con essi l’Armagosa Opera house e hotel. 

questo hotel si erge nel nulla vero e proprio e l’atmosfera tipica da film horror fa da cornice, personaggi usciti da un film di Tod Brownin si interfacciano in un piccolo mondo surreale. 

© Edoardo Morina

© Edoardo Morina

 

La storia di questo posto fa da cornice, prendiamo un caffè, un vero caffè italiano per il quale il barista, dopo aver lavorato per anni in Australia, ci lancia una sfida: se non ci fosse piaciuto avremmo potuto non pagarlo, ma riesce perfettamente nell’impresa. Ci rimettiamo in marcia verso Las Vegas. Un consiglio sfegatato: evitate di arrivare a Las Vegas nel weekend: i prezzi degli hotel si triplicano e trovare un alloggio bello a costo moderato è una sorta di mission impossibile. Arriviamo stanchi morti, dopo aver costeggiato per km e km una gara ciclistica con conseguente traffico congestionato dovuto dall’evento. La prima notte dobbiamo passarla in un Motel 6 (che non consigliamo), ma non troviamo posto da nessun’altra parte, se non per prezzi esagerati, per poi passare il giorno dopo in upgrade al Tresure Island.