CALIFORNIA (e non solo) ON THE ROAD (parte II)

da L.A a San Francisco

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GIORNO 5 | 19 MARZO

PACIFIC COAST HIGHWAY

LOS ANGELES —> SANTA BARBARA

 

Decidiamo di fermarci a dormire, senza un reale motivo, a Santa Barbara che dista solo un’ora e poco più da Los Angeles. Ecco, forse questa è stata la sosta più inutile del nostro viaggio, perchè davvero troppo vicina a LA e il giorno dopo abbiamo macinato mooolti chilometri per arrivare a San Francisco ma, andiamo in ordine… Sveglia abbastanza presto, solita colazione degna di un esercito di Unni e via verso la Pacific Coast Hwy. Se siete muniti di navigatore questo insisterà per immettervi nella Hwy 101 ma non cedete per nessun motivo al mondo: il viaggio diventerebbe noioso e monotono e vi perdereste dei posti davvero niente male! Impostate il navigatore su “Pacific Coast Hwy” se non ve lo consente seguite le indicazioni, la strada è sempre dritta verso San Francisco non potete sbagliare. Il viaggio è rilassante, il panorama davvero molto bello: spiagge immense, paesaggi diversi, fa caldo, caldo da spiaggia, caldo da costume da bagno ma non c’è afa. prima tappa Malibù. Sarà che siamo troppo abituati al nostro mare e litoralebello, sarà che me l’avevano descritto come un posto incredibile ma a me non dice niente di che: sì le mega ville vip incastonate nelle montagne o a picco sul mare, sì le immense spiagge ma niente di più.

© Edoardo Morina

© Edoardo Morina

E' bello viaggiare su questa strada con i finestrini abbassati, i limiti di velocità che ti permettono di guardare il panorama e la musica di sottofondo, una romanticheria insomma. A Malibù ci fermiamo alla Lagoon State Beach e alla Zuma Beach dove facciamo una passeggiata. Capitiamo qui all'ora di pranzo, ci perdiamo così i tramonti che ci narrano siano davvero spettacolari.

© Edoardo Morina

© Edoardo Morina

La pancia brontola e decidiamo di mangiare al “Malibu Seafood Fresh Fish Market & Patio Cafe”. Ci invita da fuori l’aria un pò rustica con i tavolini in legno stile pick-nick nel parco e una casupola che sembra uscita da un cartone animato. Ci mettiamo in fila e poco dopo dietro di noi si crea l’inferno: La coda arriva in pochi minuti fino alla strada, ma noi, l'abbiamo scampata per un pelo.. Ecco qui di fianco una prova inconfutabile del fatto che dico sempre la verità, nient'altro che la verità, dica lo giuro, lo giuro.

Arrivati dentro la casupola si ordina, ti danno un numeretto, ti vai a sedere e un aggeggio suona quando il tuo menù è pronto. Decidiamo di assaggiare varie cose ma, vi consiglio assolutamente la frittura di pesce misto perchè il fish&chips è davvero notevole, il resto niente di che.. Ma il fish&chips….

Appanzati risaliamo in macchina per continuare il nostro tragitto verso Santa Barbara sempre senza uscire dalla Pacific Road. Qui alloggeremo per una notte al Sandpiper Lodge (65 euro una notte); per essere un motel è il più bello che incontreremo nel nostro viaggio: c’è la palestra, la piscina e una colazione provvista anche di uova e bacon. Le sorprese però non sono finite: ci accorgiamo dopo un pò che nella nostra stanza già con due letti matrimoniali c’è una porta con un’altra stanza con altri due letti matrimoniali: insomma siamo in due con quattro letti matrimoniali. Ci promettiamo che se avessimo intenzione di litigare questa era la notte giusta. Ma niente da fare, cerchiamo di occuparli tutti ma l’impresa è davvero impossibile! 

Santa Barbara, forse perchè è Marzo ed è un paesino soprattutto di mare, non ci offre molto alle 21 è già tutto chiuso, la città è un gioiellino ma la situazione è abbastanza triste: serrande abbassate, poche anime e freschetto. Facciamo un giro fotografico, ci piace andare in giro con la macchina fotografica al collo e fotografare, fotografare, fotografare… Io prendo qualche lezione e, passiamo la serata così. Facciamo un giro sul pier più antico della California ma, anche lì tutto chiuso, così ci promettiamo di tornarci l’indomani prima di partire. Andiamo a dormire presto perchè il giorno seguente ci attendono numerosi chilometri e ore di viaggio.  

 

 

© Edoardo Morina

© Edoardo Morina

GIORNO 6 | 20 MARZO

PACIFIC ROAD PART 2 SANTA BARBARA --> SAN FRANCISCO

 

Ci svegliamo presto, facciamo colazione, carichiamo le valigie in macchina e decidiamo, come ci eravamo promessi, di fare un giro e regalare una chance a questa città che ci aveva lasciati un pò tristi. Ci dirigiamo verso il Pier ed in effetti di giorno la situazione è diversa, è davvero carino. Facciamo un giro tra i negozietti e le botteghe, è  tutto davvero caratteristico.

Partiamo poi alla volta di San Francisco. La nostra pausa pranzo si consuma a Los Alamos da “Bob's Well Bread Bakery”. è una piccola deviazione di tragitto che vale davvero la pena. Il clima cambia e dal caldo da spiaggia passiamo al fresco da giacchino di jeans. I dintorni della Bakery hanno il sapore di America: di fronte a noi una sorta di grande magazzino-antiquario, i classici “Antiques”, qualche personaggio strambo seduto ai tavolini fuori con l’aria un pò hippy qualcuno, con l’aria da rockstar qualcun altro. All’interno una tavolata di anziani. Il menù è invitante, optiamo per una french soup, una BLT bruschetta (bacon, lettuce, tomato) e, tanto per non farci mancare niente aggiungiamo una baguette con salame e formaggio. Tutto davvero delizioso! attrazione del locale è però la toilette, dove vi accoglierà una foto 3d del nonno e altri ornamenti, consigliato un mini toilette-tour.

Torniamo in marcia e torniamo dopo poco sulla Pacific, di tanto in tanto ci fermiamo ai view point. al “Ragged Point” si vedono le foche e i leoni marini: c’è un view point segnalato pieno di scoiattoli e turisti - dove mi immergo nelle vesti di San Francesco e poi, più avanti dopo un tratto a piedi nelle migliori praterie irlandesi con aria da film horror, ah no aspè siamo in California, vabbè ma l’aria era quella, ci ritroviamo in solitaria a vedere altre foche e leoni marini. La direzione è per il Big Sur ma, attenzione! ad un certo punto la strada è interrotta, la motivazione è: PONTE CROLLATO!

Vi consiglio prima di imbarcarvi verso questa direzione di controllare se la situazione è stata sistemata, altrimenti allungherete di due ore buone il vostro viaggio e, non è piacevole per niente. Ci fermiamo per una tazza di the e torta con la nutella. Qui fa freddo, da maglioncino. Ecco il clima nel nostro viaggio cambierà da un minuto all’altro passando da caldo (25-30 gradi) a freddo (-3/5 gradi) . Ci rimettiamo in marcia, facciamo retro front e ricominciamo a guidare - ricomincio- inizia anche a piovigginare avvicinandoci a San Francisco, inizierà a piovere molto forte. Arriviamo veramente distrutti, il viaggio è stato lungo. Il Motel che abbiamo prenotato è in un’ottima posizione, comodissima con i mezzi, con parcheggio interno non a pagamento - Il clima oscilla tra i 15 e i 20 gradi.

Nelle città, se siete in macchina, cercate gli hotel con parcheggio privato non a pagamento, cosicché non avrete brutte sorprese di maggiorazioni dai 15 ai 50 euro a notte. 

 

GIORNO 6 | 21 MARZO

SAN FRANCISCO - FISHERMAN’S WHARF | CHINATOWN | DOWNTOWN | CASTRO

 

Fin da piccolina ho sempre avuto la fissa per le carceri, tanto che alla domanda: cosa vuoi fare da grande? rispondevo “la criminologa”; quale miglior occasione di visitare un carcere che Alcatraz? Appena sveglia decido così di prenotare la visita per il giorno successivo: i tour notturni sono terminati fino al mese prossimo, così decido di prenotare un tour diurno ma, di questo ne parleremo domani. La giornata comincia con un giro al Fisherman’s Wharf, affascinati ovviamente dal cibo in vetrina: pesce di ogni forma e dimensione

© Valeria Nardilli

© Valeria Nardilli

Dopo aver visto quella parte di città in lungo e largo - merita una visita davvero -, ci fermiamo a mangiare da buoni turisti la Clam chowder. La clam chowder è una zuppa di pesce all’interno di una scodella fatta di pane, io amo le zuppe e quindi sono felice della mia scelta e, un Crab sandwich, buonissimo anche quello. Si è roba per turisti e tutte quelle menate, ma a me piace... E sarebbe piaciuto sicuramente anche a loro nella terza immagine qui sotto..

Dopo esserci rifocillati, passando a piedi per North Beach, arriviamo a China Town. China town è immensa e veramente piena di gente, la cosa che mi fa più impressione è vedere quanti cinesi anziani ci siano, io in Italia raramente ne vedo uno sopra la quarantina, qui ce ne sono davvero tanti. Tanti visi interessanti, e un'immersione diretta nel mondo dell'oriente.

Da China Town passiamo per la Downtown per arrivare a Castro. La Downtown pullula di barboni, ma più che i barboni, di pazzi che parlano da soli, assistiamo anche a un furto in diretta con conseguente inseguimento da parte della sicurezza di un negozio, ma niente di sconvolgente…

© Valeria Nardilli

© Valeria Nardilli

 

E poi c’è Castro: Castro è il quartiere della libertà per eccellenza, Castro è Chic e multicolor, ma è anche uomini nudi che girano indisturbati, per vederlo tutto non ci vuole tantissimo, basta una passeggiata tra i vicoli e le viuzze, con le strisce pedonali dai colori della bandiera della pace per poi magari entrare in qualche bar/localino carino e infine ci facciamo strada verso l'hotel.

© Valeria Nardilli

© Valeria Nardilli

GIORNO 7 | 22 MARZO

SAN FRANCISCO - ALCATRAZ |  MISSION DISTRICT

 

Il sito dove abbiamo prenotato il tour per Alcatraz è https://www.alcatrazcruises.com, consiglio vivamente in alta stagione di prenotarlo molto tempo prima, i biglietti finiscono presto e sarebbe davvero un peccato perdersi questa esperienza. 

Abbiamo il tour di mattina, ci rechiamo al Pier 33 e con il biglietto già fatto online saliamo direttamente sul traghetto (arrivate un pò prima, non all'ultimo come noi, è meglio). Non siamo amanti delle cose organizzate, siamo un pò scettici, ma è un’esperienza che davvero non posso mancare, dopo aver obbligato Edoardo a vedere qualsiasi cosa, possibile inimmaginabile riguardi le carceri: Orange is the new black, Prison Break, qualsiasi tipo di film avesse come argomento centrale un carcere, 60 giorni all’inferno e documentari vari su processi di tutti i generi e tipi. Guardavo quell’isola da lontano e sentivo il canto delle sirene di Ulisse, per farla breve non potevamo non andare.

Approdati sull’isola, dopo una presentazione dello staff ed una serie di salite arriviamo all’interno del carcere, la mia felicità è pari a quella di una bambina davanti al lunapark dei suoi sogni. Si, non sono molto normale lo so. L’atmosfera è davvero suggesitva, prendiamo l’audio guida, il percorso guidato è fatto a meraviglia, con suoni evocativi, spiegazioni dettagliate di eventi accaduti all’interno, facendo conoscere ai visitatori anche le persone che sono state in quel carcere: ci sono le loro foto e ci sono le loro descrizioni. Il tour è appassionante, chiaro, davvero ben fatto e non so quale altro aggettivo utilizzare: meraviglioso.  Succede una cosa che ai miei occhi sembra incredibile: c'è ovunque, nelle celle, dove sono state uccise persone, dove alcuni in passato (e nemmeno troppi anni prima) hanno perso la loro libertà per sempre, ovunque è pieno di  cretini sorridenti che si inondando di selfie, selfie in coppia, selfie di baci, selfie con la bocca a culo di gallina, foto ricordo del figlio di quattro anni  che tiene in braccio il neonato di 4 mesi con annessa cella. E' semplicemente impressionante come nulla più, l'amore o la morte, meriti rispetto o privacy. Io sono chiusa in un silenzio quasi mistico, non me la sento di fare alcuna foto e con la bocca aperta ascolto e mi aggiro in ammirazione per quelle alte mura. Appena terminato il tour ci ritroviamo in libreria (classico negozio di souvenir all'uscita dei musei), vedo un uomo anziano seduto, che nessuno aveva notato; grazie alla mia memoria fotografica prendo Edoardo in disparte e gli sussurro all'orecchio "é lui, è lui". Sì era lui, uno degli ex detenuti, moolto invecchiato, che era lì per qualsiasi domanda e presentava il suo libro. Sono timida, avrei mille domande ma aspetto che qualcun altro si accorga di lui e gliele faccia e così accade, qualcuno gli chiede se l'esperienza all'interno di Alcatraz fosse stata così terribile ma lui, sornione risponde: "Avevamo un lavoro, avevamo un posto per dormire, avevamo un pasto caldo, cosa ci mancava?" Decido così incuriosita di fotografare il libro e,   quando torno a casa di acquistarlo online, con annessi ovviamente documentari video di ogni genere su Alcatraz. A saperlo  avrei voluto acquistare questo libro prima del tour, così ho scelto di consigliarvelo per il pre-partenza: ALCATRAZ#1259. Dopo due ore circa siamo di nuovo di ritorno, mangiamo sul pier e ci riposiamo un pò. Si è fatta sera e domani sarà un giorno di cambio città, scegliamo quindi di non fare tardi, prendere l'autobus e fare un giro tra i graffiti e la latinità di Mission District.

© Valeria Nardilli

© Valeria Nardilli

Scendiamo dall'autobus e immediatamente siamo catapultati in Messico. Il quartiere ha un denominatore comune: la Street Art, graffiti coloratissimi sono ovunque, alcuni davvero molto belli, ogni muro o addirittura pavimento è una tela a cielo aperto. Lo spirito  latino fa da padrone tra bodegas, tacos, negozi stracolmi di statuine della "Santa Muerte",  cartomanti, aggeggi magici, tutti rigorosamente impolverati, lo sguardo si perde. Quale miglior posto se non questo per una cena messicana? Mangiamo così in una taqueria, la Taqueria Guadalajara, solitamente non sono amante del messicano (a differenza di Edoardo) ma per me, questa taqueria è un grande Sì! Occhio al piccante, faccio l'ingorda, voglio provare tutte le salse e, nonostante fuori non faccia per nulla caldo stasera, finisco per sudare e avere gli occhi fuori dalle orbite, quindi, nonostante la piacevole sensazione di tepore dopo una passeggiata al freddo, per qualche secondo ho l'impressione di rimanerci secca, qui il piccante è piccante sul serio. Torniamo con l'autobus verso l'hotel e ci prepariamo ad abbandonare San Francisco e procedere l'indomani per la tappa successiva.

© Edoardo Morina

© Edoardo Morina

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